Il 31 maggio e il 1 giugno 2013 si terrà il venticinquesimo Colloquio di Letterature Comparate dell'Associazione Sigismondo Malatesta nella Rocca Malatestiana di Santarcangelo di Romagna (Rimini).
L'argomento delle due giornate, curate da Paolo Amalfitano, Francesco Fiorentino, e Loretta Innocenti, sarà La fine del Rinascimento nelle letterature europee (scarica qui programma e informazioni per raggiungere la sede del Colloquio).
Intanto, Spazio Sig.Ma vi propone alcuni spunti visivi e letterari sul tema del Colloquio: una breve Scheda di presentazione e gli Abstracts di alcune delle relazioni presentate al Colloquio, insieme a qualche immagine significativa, brevemente descritta.
Nella sezione intitolata Intorno a proponiamo materiali non direttamente inerenti il Colloquio, suscettibili di porre questioni e suscitare riflessioni nell'ambito dell'argomento trattato. In particolare, pubblichiamo tre saggi che pur non dedicati alla "fine del Rinascimento", fanno emergere aspetti interessanti della questione e di cui si potrà tenere conto durante le discussioni al termine delle sessioni del Colloquio:
- Loretta Innocenti, Parola e immagine nel Rinascimento;
- Luigi Magno, La tentazione, il volo e la visione: tre tempi de L'image d'un mage ou Le spirituel di André Mage de Fiefmelin;
- Jean-Marc Pelorson, Cervantes e Montaigne.
Ringraziamo i tre studiosi per aver accettato di ripubblicare su Sig.Ma i loro scritti.
La fine del Rinascimento nelle letterature europee
Scheda di presentazione
A partire da Michelet fino ad arrivare alla sintesi aurea di Burckhardt l’Ottocento ha creato un mito prestigioso del Rinascimento a scapito sia di quanto lo precedeva - il Medio Evo; sia di quanto lo seguiva. Non si tratta nel nostro caso di interrogarsi ancora una volta sulle ragioni di questo mito e neppure di discutere le diverse definizioni che di quello che si continua a chiamare Rinascimento sono state date.
La questione che ci poniamo, che pure presuppone tali conoscenze, è che – come tutte le stagioni della cultura e dell’arte – a un certo punto quel che si chiama Rinascimento finisce. E inizia una nuova epoca. Come ha scritto Jacques Morel, “La letteratura del Rinascimento ha saputo darsi essa stessa un nome. Il classicismo è stato definito all’inizio dell’Ottocento, per opposizione al romanticismo”. Solo a partire dal Novecento si è discusso di quanto è accaduto tra 1570 e il 1660 prescindendo da un pregiudizio estetico. E restando comunque assai lontani da una versione condivisa.
Dalla storiografia, prima artistica poi letteraria, la fine del Rinascimento è stata infatti variamente collocata e definita. Alla nuova stagione si è attribuito innanzi tutto il nome di Barocco (d’Ors, Tapié, Rousset), inventariando le sue varie espressioni sotto il profilo formale (trionfo della metafora e di un alto tasso di figuralità), contenutistico ( prevalere di alcuni temi come la metamorfosi, il sogno, l’incertezza…), ideologico (ispirazione della Riforma cattolica). Tale nozione di barocco è stata assoggettata a una durissima critica (anche se per la sua funzionalità sembra aver resistito bene nella pratica: quando si definisce qualcosa barocco, ci si capisce abbastanza). In particolare secondo Fumaroli non ci sarebbe una cesura sostanziale tra Rinascimento e l’epoca successiva erroneamente definita barocca (proporrebbe il termine asiana, a partire da una forma di eloquenza) . La cesura si verificherebbe più avanti, quando il rapporto con l’antico e la tradizione verrebbe per sempre spezzato, durante gli anni della cosiddetta Querelle des anciens et des modernes.
In ambito italiano – e sempre mutuato in forma amplificata dalla storia dell’arte – per definire la fuoriuscita dal Rinascimento si è avanzato il termine Manierismo. Infine non si può dimenticare la cesura individuata da Foucault costituita dalla fine dell’episteme dell’analogia.A proposito di tali questioni che hanno animato il dibattito critico per molti decenni, noi proponiamo di riflettere in una prospettiva specifica: la fine dell’imperialismo letterario e culturale italiano nelle letterature europee e la crisi della letteratura italiana, che a partire da un certo momento – per dirla con Leopardi dello Zibaldone (8 dic. 1820) - “non è stata più propriamente originale e inventiva”.
“Anzi la vera facoltà poetica creatrice, sia quella del cuore o immaginativa, si può dire che dal Cinquecento in qua non si sia più veduta in Italia; e che un uomo degno del nome di poeta (se non forse il Metastasio) non sia nato in Italia dopo il Tasso”(27, febbraio 1821). A proposito della letteratura italiana vorremmo dunque interrogarci grosso modo su quanto è avvenuto tra La Gerusalemme Liberata (1581) e l’Adone (1623).
Nelle altre nazioni europee si sviluppa in quegli stessi anni un movimento letterario (oltre che artistico) che, pur continuando spesso a riconoscere il prestigio dei modelli italiani (ma la Roma della Riforma cattolica è un’altra Roma), si emancipa in poesia dal petrarchismo e negli altri generi intraprende nuove strade. Il teatro in Spagna e in Inghilterra – ma anche in Italia nella forma diversa della Commedia dell’Arte – assume un’importanza nuova e batte percorsi inediti. Appare il Don Chisciotte, aprendo prospettive nuove al romanzo. Soprattutto dalla Spagna e anche dalla Francia arrivano opere che impongono nuovi codici. Mentre in quello stesso torno d’anni l’Inghilterra sviluppa una letteratura – specialmente poetica e teatrale - tanto prestigiosa e innovativa quanto poco conosciuta sul continente.
In tale stagione (barocca, manieristica, asiana? non importa) quali sono i caratteri (stilistici, tematici, ideologici ) della rottura con quella precedente e qual è il rapporto che le letterature europee intrattengono con i modelli italiani, siano essi quelli passati, siano essi contemporanei?
Raffaello, Sposalizio della Vergine (1504)
Lo Sposalizio della Vergine (1504) venne commissionato a Raffaello dalla famiglia Albizzini per la cappella di San Giuseppe nella chiesa di San Francesco a Città di Castello. L'opera, ispirata a un'analoga tavola che in quegli anni Perugino stava dipingendo per il Duomo di Perugia, si trova oggi alla Pinacoteca di Brera. Le figure in primo piano, quelle intermedie e il Tempio verso il cui porticato e le linee prospettiche convergono risultano legati da relazioni di proporzione matematica, con un preciso ordine gerarchico. La poetica dell'artista andava ormai orientandosi verso la ricreazione di una bellezza intesa come ordine astratto nella rappresentazione geometrica, in cui il pittore non deve "fare le cose come le fa la natura, ma come ella le dovrebbe fare".
Andrea Pozzo, Gloria di Sant'Ignazio (1685)
La Gloria di sant'Ignazio (1685) dipinta da gesuita Andrea Pozzo sulla volta della chiesa di sant’Ignazio da Loyola (1626). Massima espressione della prospettiva, l’affresco prosegue idealmente le strutture architettoniche della chiesa, risucchiandola fino al cielo, dove è ambientata la raffigurazione. Al centro delle numerose figure sta Cristo, che irradia luce dal petto e investe il santo, il quale, a sua volta, illumina le allegorie dei quattro continenti allora conosciuti, evidente riferimento all’impegno missionario dell’ordine dei gesuiti, da lui fondato.
Abstracts delle relazioni presentate al Colloquio
Andrea Battistini, Dal cerchio all’ellisse: la fine del classicismo rinascimentale;
Silvia Bigliazzi, Vertigini metafisiche e retorica dei contrari: John Donne tra manierismo e barocco;
Mercedes Blanco, Uscendo dall'ombra del Petrarca e del Tasso;
Vincenzo Farinella, Problemi di periodizzazione: Roma 1600, ovvero la fine del Rinascimento;
Antonio Gargano, L’esploratore errante: lettura di Quijote, II, 29;
Marco Lombardi, Alexandre Hardy "attardé et égaré"?;
Michel Magnien, Les Essais e la follia del Tasso: Montaigne spettatore (e attore) dell'autunno del Rinascimento;
Benedetta Papasogli, "Mi amado en las montañas": variazioni europee del linguaggio mistico;
Gilberto Sacerdoti, La Tempesta, cani blasfemi e rozzi maghi.
Intorno a
Loretta Innocenti, Parola e immagine nel Rinascimento
Abstract
In questo saggio, Loretta Innocenti esplora il rapporto tra visivo e verbale in un periodo particolare – il Rinascimento inglese –, che indica nell’ut pictura poesis una somiglianza tra il segno visivo e la parola o, meglio, una tensione a diventare simili, a identificarsi. A partire dall’analisi di tale rapporto, privilegiato a livello di teorizzazioni estetiche così come di reale collegamento in testi artistici, l’autrice allarga il discorso, per omologia, al cuore del problema coevo della rappresentazione del mondo e dell’interpretazione.
Uscito per la prima volta in Franco Marenco (a cura di), Storia della civiltà letteraria inglese, Volume primo, Il Medioevo. Il Rinascimento. Il Seicento, UTET, Torino 1996, pp. 588-603, l’articolo è qui ripubblicato per gentile concessione dell’autrice.
Per scaricare l'articolo di Loretta Innocenti, clicca qui.
Per citare questo articolo: Loretta Innocenti, Parola e immagine nel Rinascimento, in «Sig.Ma», Associazione Sigismondo Malatesta, maggio 2013, URL: http://www.sigismondomalatesta.it/docs/upload/Varie/Innocenti_ParolaImmagine.pdf
Jean-Marc Pelorson, Cervantes e Montaigne
Abstract
Questo articolo si propone di ripercorrere le vie problematiche lungo le quali Américo Castro ha audacemente aperto la possibilità di un paragone tra due grandi rappresentanti della fine del Rinascimento europeo, Montaigne e Cervantes: un parallelo intelligente, basato non su impossibili «influenze» (i due non ebbero contatti né conoscenza diretta delle rispettive opere), bensì sullo stesso fecondo scetticismo nel quadro del quale operano entrambi.
Accogliendo la stimolante proposta di Castro (rimasta da allora quasi priva di riscontri), e dopo avere affrontato, e laddove possibile rimosso, gli ostacoli che ne intasano il percorso – sia sotto forma di pregiudizi che di difficoltà oggettive –, l'autore avanza alcune nuove piste di indagine, basate sul confronto e di sistemi di valori e di modalità espressive.
Uscito per la prima volta in «Insula», 783 (marzo 2012), pp. 12-13, in spagnolo, col titolo Cervantes y Montaigne, l’articolo è qui ripubblicato per gentile concessione dell’autore e della rivista, nella traduzione italiana di Chetro De Carolis.
Per scaricare l'articolo di Jean-Marc Pelorson, clicca qui.
Per citare questo articolo: Jean-Marc Pelorson, Cervantes e Montaigne, in «Sig.Ma», Associazione Sigismondo Malatesta, maggio 2013, URL: http://www.sigismondomalatesta.it/docs/upload/Varie/Pelorson_CervantesEtMontaigne_IT.pdf
Luigi Magno, La tentazione, il volo e la visione: tre tempi de L'image d'un mage ou Le spirituel di André Mage de Fiefmelin
Abstract
La produzione dei poeti francesi della fine del XVI secolo è sintomatica della frattura profonda tra, da un lato, la pienezza epistemologica e il culto delle certezze sull’uomo che il Rinascimento aveva coltivato, e, dall’altro, l’epoca di crisi in cui questi valori si frammentano, si dislocano. Allo scollamento metafisico tra terra e cielo fa eco la rottura linguistica tra cose e parole. E la poesia, da luogo della verità, diventa spazio del questionnement.
Poeta protestante, André Mage traduce tale inquietudine in meditazione introspettiva, riflessione personale e intima, con una forma sostanzialmente lirica. Questo saggio propone una lettura sintetica dell’Image d’un mage ou Le Spirituel attraverso la lettura di quattro componimenti che rappresentano altrettanti momenti di snodo dell’intera raccolta. Se nel primo sonetto l’immagine della donna/pipistrello esemplifica i temi del peccato e della corruzione spirituale, nelle due liriche che seguono si assiste a un movimento ascensionale attraverso una molteplice orchestrazione dell’immagine del volo che conduce a un’ossimorica visione dell’invisibile, ovvero, in un dialogo serrato con l’ipotesto spondiano, alla rivelazione o scoperta del non dicibile.
Uscito per la prima volta in «Quaderno del Dipartimento di Letterature Comparate», 2 (2006), pp. 193-220, l’articolo è qui ripubblicato per gentile concessione dell’autore.
Per scaricare l'articolo di Luigi Magno, clicca qui.
Per citare questo articolo: Luigi Magno, La tentazione, il volo e la visione: tre tempi de L’image d’un mage ou Le spirituel, di André Mage de Fiefmelin, in «Sig.Ma», Associazione Sigismondo Malatesta, maggio 2013, URL: http://www.sigismondomalatesta.it/docs/upload/Varie/LuigiMagno-La%20tentazione%20il%20volo%20e%20la%20visione.pdf
Les Massacres du Triumvirat d’Antoine Caron (1566)
«Ce tableau est comme l’emblème de la Renaissance déclinante et crépusculaire, ou de ce qu’André Chastel a appelé la “crise de la Renaissance”, une Renaissance tragique et maniériste qui semble parodier funèbrement la Renaissance classique du premier demi-siècle. […] Caron opte pour une sorte d’“archéologisme” grinçant caractérstique de la période tourmentée durant laquelle se déroule sa carrière. Cette Renaissance tardive n’a renoncé ni à son langage héroïque ni à ses fastes antiquisants. Son lexique est toujours le même, mais l’atmosphère a définitivement changé».
«Questo quadro è come l’emblema del Rinascimento declinante e crepuscolare, o di ciò che André Chastel ha chiamato “crisi del Rinascimento”, un Rinascimento tragico e manierista che sembra parodiare funebremente il Rinascimento classico della prima metà del secolo. […] Caron opta per una sorta di “archeologismo” stridente caratteristico del periodo tormentato durante il quale si svolge la sua carriera. Questo Rinascimento tardivo non ha rinunciato né al linguaggio eroico né ai fasti antichizzanti. Il lessico è sempre lo stesso, ma l’atmosfera è cambiata definitivamente».
F. Lestringant, «Les Massacres du Triumvirat d’Antoine Caron (1566), dit aussi Le Massacre des Triumvirs», in La Littérature française: dynamique & histoire I, sous la direction de J.-Y. Tadié, Paris, Gallimard, 2007, p. 380 (trad. CDC).
Quijote, II, 29