“Ogni epoca del pensiero umano potrebbe definirsi in maniera sufficientemente profonda,
“We are such stuff / As dreams are made on, and our little life/ Is rounded with a sleep”
(Noi siamo della stessa materia/ di cui sono fatti i sogni, e la nostra piccola vita/ è circondata dal sonno.
(W. Shakespeare, The Tempest, IV,1).
Il sogno ha sin dall’antichità avuto un posto d’onore anche nelle opere letterarie.
Per lo più nell’epoca classica rivelava verità nascoste o annunziava avvenimenti che inesorabilmente si verificavano. Era spesso un sogno chiaro, poco ambiguo, subìto più che prodotto dal sognatore (visioni, apparizioni, premonizioni, annunciazioni, come nel Somnium Scipionis di Cicerone) che si attualizzava nel succedersi degli eventi narrati; altre volte il sogno nella tradizione antica e anche medievale e rinascimentale poteva presentarsi come narrazione allegorica (Rom
an de la Rose), o esoterica enunciazione di materiali oscuri e sapienziali (Hypnerotomachia Poliphili).
Ancora prima di arrivare all’Ottocento, vi sono testi in cui la veglia e il sogno si alternano come opposizione di razionalità e di fantasia (v. William Shakespeare, A Midsummer Night’s Dream o Calderón de la Barca, La vida es sueño). O testi nei quali il sogno è luogo visionario di apparizioni come in Richard III o nel Paradise Lost di Milton. Fragilità del sogno, che è fatto di una sostanza aerea come in Shakespeare, o spazio potenzialmente infinito, che sfigura quello della realtà, ma che può annullarla o amplificarla per raggiungere profondità o esp
ansioni impossibili alla percezione lucida della veglia.
Il titolo di questo Colloquio mette a fuoco proprio questa bimodalità del discorso e della rappresentazione umana che implica l'impossibilità di scindere il pensiero dalle emozioni. Questo apparente ossimoro assume un valore ancor più determinante nella composizione di ogni testo letterario o artistico: la compresenza nella figuralità dell’opera di una logica della razionalità e di una logica multidimensionale delle emozioni può trovare, o anche non trovare, nella rappresentazione del sogno un terreno privilegiato.
Ed è forse proprio a partire dal Romanticismo, dallo stile soggettivo, che il sogno diventerà molto più decisamente un topos dedicato alla rappresentazione “oscura” di esperienze di realtà interiorizzate, individuali, di nuovi scenari dell’anima e anche di proiezioni visionarie e metafisiche.
Così il sogno può diventare oggetto di decodifica e di interpretazione, oppure status affrancato dai limiti della natura, liberato da nessi logici e morali, spazio privilegiato per rappresentare fantasie, illusioni, inganni, abbagli, miraggi, allucinazioni, travisamenti, deliri. È un luogo che consente di connettere il presente con il passato e il futuro, e di evocare e rivivere, inconsapevolmente, immagini ed esperienze "perdute" (senso panico in Keats, ispirazione poetica in Coleridge o in Nerval, fino alla Recherche di Proust e al sogno simbolista etc.).
Il Novecento, con la svolta freudiana, assumerà in modo più mirato e talvolta programmatico, come nel caso delle avanguardie e in particolare dei surrealisti, il linguaggio onirico e il potere immaginifico del sogno come tratto pertinente delle nuove poetiche e dello statuto della finzione.
Il Colloquio discuterà in questa prospettiva il tema del sogno nelle letterature europee, ma soprattutto guarderà, in questo spazio “altro”, alle figure dell’immaginario che lo hanno abitato e alle diverse forme che il linguaggio onirico ha assunto nella rappresentazione letteraria a partire dall'età barocca fino al Novecento e ai nostri giorni.
Paolo Amalfitano
Francesco Fiorentino
Alessandra Ginzburg