[Spazio Sig.ma dedica questa seconda pagina 2014 al Progetto Speciale Il Piacere del Male, promosso dall’Associazione Sigismondo Malatesta in collaborazione con quattro Università italiane: Università di Pisa, Università Ca’ Foscari di Venezia, Università di Napoli "L’Orientale", Università di RomaTre. Il progetto, ideato e diretto da Paolo Amalfitano, è articolato in cinque gruppi di ricerca, coordinato ciascuno da un responsabile: sul ’500 e ante, Sergio Zatti (Pisa); sul ’600, Loretta Innocenti (Venezia); sul ’700, Paolo Amalfitano (Napoli); sull’800, Luca Pietromarchi (Roma); sul ’900, Stefano Brugnolo (Pisa). I gruppi presenteranno e discuteranno i risultati della ricerca in un ciclo di cinque Seminari, che si terranno tutti nell’arco del 2014 nelle diverse sedi universitarie. Per il calendario dei Seminari si può consultare la sezione In agenda.
Proponiamo qui di seguito una presentazione generale del Progetto, a cura di Paolo Amalfitano, un'introduzione al primo Seminario di Venezia, dal titolo Seduzione e malvagità nella letteratura europea del ’600, a cura di Loretta Innocenti, e infine un link alla sezione “Libri e documenti”/“Testi in rete", dove troverete i materiali bibliografici relativi alla ricerca finora pubblicati.]
Presentazione del Progetto
Il Piacere del Male
Le rappresentazioni letterarie di un’antinomia morale (1500-2000)
In tutte le letterature occidentali, com'è ben noto, ritroviamo sin dalle più antiche origini la rappresentazione, in modi e forme diverse, della relazione tra vizi e virtù, tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia, etc. Queste antitesi morali e assiologiche raramente assumono nei testi letterari – sin dalla tentazione nella Genesi biblica e nei rischi di perdizione dell’Ulisse omerico (le sirene, Nausicaa, Circe) – una configurazione così manichea che separi radicalmente il bene dal male. Essi si presentano piuttosto in differenti formazioni di compromesso che varrebbe la pena di indagare a) in senso diacronico, nonché b) nella loro relazione con la gerarchia degli stili e la divisione storica dei generi letterari. Questa potrebbe apparire un’ipotesi di lavoro troppo ampia e generica, se la si dovesse sviluppare senza un punto cruciale da cui partire.
In questo senso ci soccorre l’evidenza di un fenomeno che segna una sorta di turning point di questo tema nella storia letteraria. Mi riferisco all’insorgere e all’affermarsi, a partire probabilmente dalla seconda metà del XVII secolo (ad es. il Satana di Milton), di un ossimoro, il piacere del male, che a questo tema ha dato forma in quel periodo e il cui successo è stato, a partire da quel momento, tanto eclatante quanto duraturo, e tale da costituire non solo una svolta, ma un punto di “non ritorno” nelle rappresentazioni della dialettica bene-male fino ad oggi. Quest’ossimoro, ovviamente già presente con altri significati sin dall’epoca pagana, e poi in tutta la tradizione cristiana come segno della debolezza umana o monito delle subdole manifestazioni del peccato, diventerà, nel corso dell’Ottocento, da disvalore progressivamente un valore, un valore “quasi positivo” e “quasi necessario”, che rende il piacere del male l’unica forma di piacere possibile.
Il piacere del male instaura dunque una relazione capovolta tra vizi e virtù rispetto alla tradizione, nella quale all’antitesi sembra sostituirsi una solidarietà indissolubile tra gli opposti, una simbiosi che rivendica la duplicità della natura umana, presenta la perversione come norma riconosciuta e propugna, nel mito decadente della bellezza scissa dalla morale, un ideale, per lo più tragico, che copre forse il ritorno del “vecchio” ed espulso senso di colpa. Spesso le opere di alcuni autori (da Sade a Conrad) sono state analizzate toccando queste questioni ma quasi mai, credo, è stata adottata (mi viene in mente però La carne, la morte e il diavolo di Mario Praz) questa prospettiva per uno studio comparatistico di lungo periodo che tenga dentro anche il Medio Evo e il Rinascimento con uno sguardo ai modelli dell’età classica.
A partire da queste premesse vorrei proporre questo tema di ricerca, Il Piacere del Male, particolarmente concentrato nell’arco di tempo tra Sei e Novecento, ma sicuramente da estendere – e, come dicevo, mi sembra anche l’area cronologica meno indagata – da Dante a Milton, con alcune necessarie anzi imprescindibili incursioni nei più rilevanti esempi della letteratura classica. Si tratta, in sintesi, di provare a storicizzare questa particolare formazione di compromesso rappresentata dal piacere del male nelle letterature occidentali, con la libertà di muoversi tra tutti i generi letterari e, proprio per questo, con la necessità di fare i conti soprattutto – prima dell’epoca segnata dalla progressiva contaminazione degli stili – con i vincoli che intrecciano i valori morali di un’epoca e le griglie formali dei generi e dei codici letterari.
Paolo Amalfitano
Introduzione al primo Seminario (Venezia, 13-14 marzo 2014)
Seduzione e malvagità nella letteratura europea del ’600
Nel progetto presentato da Paolo Amalfitano, partendo dalla considerazione che l’opposizione bene/male sia una costante letteraria onnipresente e pervasiva a partire dalla Bibbia e dalla tradizione classica, che assume forme differenti nel variare di sistemi epistemici, delle condizioni storiche e delle forme letterarie, la questione proposta come tema della ricerca è l’evidenza che tra la fine del XVII secolo e la prima parte del XVIII questa antitesi morale si presenta sempre più come un ossimoro in cui i due termini risultano indissolubili.
Il programma di ricerca del gruppo di Venezia parte proprio da questa ipotesi per verificarne la correttezza nella letteratura del secondo Seicento, ma si proietta all’indietro a cercarne le radici in quel passaggio di secolo – dal XVI al XVII – legato in gran parte d’Europa alla Riforma. La questione morale con le categorie fisse di vizi e virtù, i problemi di fede e la tradizionale struttura dell’autorità sono messi in questione; la contrapposizione tra etica e teologia protestante e norme controriformiste e tridentine investe anche i modelli della rappresentazione letteraria e artistica. I limiti dei generi letterari sono messi in dubbio; il dibattito morale e la ricerca di identità oscillano tra l’interiorizzazione e iconoclastia protestante, e la visibilità cattolica, concreta e corporea, della rappresentazione dell’esperienza mistica, del dolore e del male.
Il momento in cui una sorta di plaisir du texte diventa piacere del contenuto orrifico o della trasgressione morale è quello che dà il via a una diversa rappresentazione delle forze negative. È forse in questa fase che si possono collocare, già come presa di coscienza del dubbio morale, le forme e i temi del teatro elisabettiano e giacomiano, l’eroe prometeico di Marlowe che prelude a quello del Paradise Lost di Milton, la novellistica francese o spagnola del primo Seicento.
Per tutto il secolo XVII le arti visive sono terreno di scontro dialettico tra due concezioni diverse della deviazione, della corruzione e della perversione, ma anche della rappresentazione dell’astratto, dello spirituale e del morale. Anche la letteratura e il teatro testimoniano l’interesse per il tema, declinato nel motivo concreto del corpo sofferente, della malattia e del martirio, e in quello astratto, psicologico e retorico, della tentazione e della colpa. Ne sono esempi il teatro francese – la tragedia di Racine e Corneille – e quello inglese della fine del secolo, dopo la parentesi della rivoluzione puritana, in una fase storica che, con la violenza della guerra civile ma anche con l’utopia della libertà politica, incide profondamente anche sul poema di Milton.
Loretta Innocenti
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